CONSERVAZIONE DEL CORDONE OMBELICALE

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L´antitrust scende in campo per tutelare le mamme vittime delle Banche di Conservazione del cordone

L´Antitrust ha denunciato gli spot di sei società indagate accusandole di aver comunicato informazioni ingannevoli circa le reali potenzialita´ di cura legate all´utilizzo dei cordoni ombelicali conservati all´estero. Si tratta di società con sedi a San Marino, Svizzera, Gran Bretagna, Belgio e altri paesi europei.  “Regala a tuo figlio una vera e propria assicurazione biologica”. “ Il cordone ombelicale del tuo bambino contiene le cellule staminali che possono salvargli la vita” sono alcuni dei messaggi pubblicitari contro cui l´ Antitrust ha chiesto provvedimenti.

 

Le societa´ accusate si sono gia´ impegnate a chiarire, attraverso le loro brochure e in tutti gli altri modi, le reali applicazioni terapeutiche delle cellule staminali emopoietiche cordonali.  L’Antitrust chiede in particolare di dare chiarimenti riguardo ai tempi di conservazione delle sacche cordonali (garantiti fino a 20-25 anni, mentre la letteratura scientifica fissa il limite a 15-16 anni), alle reali applicazioni terapeutiche del trapianto autologo (cioè, a uso personale), al numero di trapianti effettivi e le procedure per il rientro dei campioni (che dev’essere autorizzato dal Ministero della Salute).

 

Secondo l´Antitrust questa nuova forma di comunicazione consentirà ai genitori di decidere se attivare o meno il servizio di conservazione del cordone all´estero in maniera più consapevole rispetto a prima avendo a disposizione tutti gli elementi necessari. “Con i provvedimenti adottati – spiega il presidente dell´Antitrust Antonio Catricala´ – abbiamo ottenuto dalle aziende la fondamentale chiarezza informativa per un tema che tanto interessa i nostri cittadini. Ora spetta al Parlamento decidere se autorizzare la conservazione dei cordoni anche nel nostro Paese. Si tratta di stabilire se ha senso ´costringere´ alla migrazione, togliendo possibilita´ di sviluppo in questo settore. Se si scegliesse in questo senso sarebbe pero´ necessario destinare una parte dei profitti al finanziamento dei centri pubblici”. (AGI)