Disturbi autistici

Disturbi autistici

Disturbi autistici: la parola delle mamme

Esperienze diverse, diversi tipi di autismo

Forse non tutti sanno che esistono diversi tipi di disturbi autistici: spesso, come diceva il grande genio e pittore Goya, “l’ignoranza genera mostri”. È il caso dei bambini autistici, visti come alieni, isolati dalle mamme ignoranti, non in senso offensivo, ma perché la non conoscenza genera paura, le mamme che temono possano attaccare qualcosa ai loro bimbi, che non siano all’altezza.

L’autismo non è una malattia e non si attacca, il bimbo autistico non è da isolare, bensì il contrario, da conoscere, capire e spesso, da lui si può anche imparare tanto: anche lo scambio tra bimbi NT e ND può aiutare e molto. Impariamo a conoscere perché solo così si potranno abbatter le barriere che dividono le persone, di ogni genere e sorta.
Solo l’informazione e l’intelligenza possono far sì che chi soffre di questi tipi di disturbi sia integrato senza esclusioni, amato e trattato al pari degli altri, senza differenze di genere.
In anteprima, parole di mamme che vivono questa esperienza con i loro bimbi autistici, nelle differenti tipologie. Nessuno meglio di loro, può dare una corretta definizione e spiegare a chi si affaccia a questa mondo, cosa significa e cosa è davvero, l’autismo.
Conosceremo Leonardo, ometto testone e caparbio, puntiglioso e preciso, dolce e affettuoso, dalla rara bellezza. Leonardo è diagnosticato “disturbo generalizzato dello sviluppo” (autismo) a basso funzionamento.
Splendida signorina dagli occhi azzurri, con i suoi otto anni, e grandissima intelligenza e fermezza: Miriam è diagnosticata “disturbo pervasivo dello sviluppo” (sindrome di Asperger).
Valerio: tredici anni, calmo e riflessivo, un genio musicale in erba con orecchio assoluto, vive per la musica. È diagnosticato autistico ad alto funzionamento.

Miriam: la dolcezza dell’essere speciale

Parola a Marzia, mamma di Miriam: “L´autismo è una disfunzione neurale, dove vi può essere una compromissione più o meno importante. Io la descrivo come una scala cromatica dove si parte da un ombreggiatura ad arrivare al nero assoluto.
Miriam era etero lesionista e autolesionista perché non aveva ancora la capacità di gestire le informazioni che le arrivavano dall´esterno.
Peculiarità: lei sin da piccolissima mi ha fatto capire di essere “grande” diceva te sei la bimba io sono la mamma. E questa distorsione della propria immagine è ancora presente, è di poco fa la lamentela delle maestre per cui lei si rapporta con loro in un livello di parità, non su un piano di gerarchia.
Vista da fuori è “normale”, non vi sono stereotipie evidenti, tic o un andamento inadeguato. Ma mantiene una difficoltà a gestire la frustrazione, una rigidità mentale per cui le cose devono seguire il suo schema.
Lei adora insegnare agli altri, ma vi è un rapporto unidirezionale, dove gli altri devono semplicemente annuire e seguire le sue istruzioni.
E´ prolissa, usa termini molto ricercati, ma i discorsi sono tortuosi e si incespica, come se avesse un disco rotto, per cui inizia una frase e ne ripete delle parti. Questo perché il pensiero è più veloce della capacità espositiva.
Ha bisogno di un’esposizione visiva, che la aiuti a dipanare quella matassa che è il suo pensiero. Infatti usa spesso l´ausilio dei fumetti. Per raccontare le storie disegna interi fumetti, e questo le permette di seguire un filo logico – temporale.
Si rende perfettamente conto di non piacere ai suoi coetanei, ma non sembra patirne più di tanto per il momento. Miriam è nata nel 2005, ed è certificata disturbo pervasivo di sviluppo, nello specifico, Sindrome di Asperger.

Leonardo: grandi traguardi per un grande nome

Sonia,  mamma di Leo: “Se guardo indietro penso che non ci sia stato un momento preciso in cui Leonardo è peggiorato: non raggiungeva le tappe nei tempi previsti. A un anno i primi dubbi: ore e ore a guardare le ruote del passeggino che faceva roteare di continuo, stereotipie con le mani, versi strani, camminava sulle punte, girava spesso su se stesso, era perennemente in movimento, e col corpo sempre in tensione, aveva paura dei rumori, cercava il contatto solo con gli adulti  e sembrava ignorare completamente i bambini o gli animali, non indicava, a volte era perso nel suo mondo e sembrava sordo.
Continui problemi intestinali feci mai formate e sempre con cibo non digerito: crisi improvvise e violente dal nulla, risate a crepapelle senza motivo, anche nel cuore della notte. Linguaggio inesistente.
3anni: le differenze con i coetanei evidenti. Non era in grado di impugnare e nemmeno di colorare, non giocava in modo autonomo, stava sdraiato sul divano o sul letto per guardare sempre gli stessi video. Cercare di coinvolgerlo in qualunque attività era un´impresa perché i sui tempi di attenzione erano limitatissimi, i suoi movimenti erano ancora molto impacciati. Notevoli difficoltà a interagire, correva verso i bimbi stereotipando, per spingerli, tirarli e pizzicarli.
Pannolino fino all´età di 6 anni, per poi imparare l’uso del bagno: da lì prima diagnosi generica, senza esito.
Pian piano cominciamo a capire qual è il mostro che si è preso il nostro bambino e paradossalmente quando ho potuto dare un nome a questa malattia, mi sono sentita sollevata perché potevo cercare il modo di aiutarlo.
Comincia il nostro percorso, dieta senza glutine e caseina e terapia comportamentale ABA, tutta una serie d’interventi medici volti a cercare di risolvere i suoi problemi d’infiammazione intestinale e i disturbi sensoriali in particolare quelli di tipo uditivo che lo portavano a chiudersi continuamente le orecchie alla presenza di rumori anche lievi, che gli procuravano dolore.
5 anni circa: inizia un linguaggio molto limitato e grandi difficoltà nel pronunciare le parole.
La nostra vita è fatta di alti e bassi, ci sono stati momenti durissimi come quando è comparso l´autolesionismo con pugni sulle orecchie o sulla bocca. Leonardo è un ragazzino caparbio, allegro e curioso, ama stare con i bambini: da poco più di un anno sta facendo atletica e imparando tante nuove regole e autonomie e presto parteciperà agli Special Olympics.
Poco tempo dopo aver capito che mio figlio è autistico, una notte ho sognato una bellissima farfalla colorata chiusa in una gabbia e ho pensato che quella farfalla fosse lui: mio figlio ha tutte le capacità per poter volare, ma quella gabbia glielo impedisce.  Il nostro compito è cercare di allargarne il più possibile le maglie per poterlo liberare.”

Valerio: la musica nel futuro

Cecilia, mamma di Valerio: “Ciao Valentina provo a scriverti in breve la nostra storia.
Quando mio figlio aveva circa cinque mesi, il pediatra mi consigliò di andare da un neuropsichiatra infantile, perché secondo lui, non stava bene a sedere. Mi sembrava una sciocchezza, ma alla fine ci andrai. In verità c´erano alcuni comportamenti che io non notavo quali: fare suppergiù continuamente con le gambe, fissare le porte, ecc.. Il dottore si limitò a fare un´osservazione che durò diversi mesi, finché lui non fu in grado di muoversi come facevano gli altri bambini però da quel momento si cominciarono a vedere stranezze: le porte erano una fissa, apriva e chiudeva in continuazione dovunque si trovasse, osservava tutte le cose che rotolavano metteva il triciclo sottosopra e faceva girare i pedali. Fin dal nido ha avuto il sostegno, perché aveva difficoltà a relazionarsi con gli altri bambini, da piccolino non rispondeva al sorriso degli estranei, e fuori dai giardini piangeva se dei bambini gli si presentavano davanti all´improvviso, o se erano in fila dietro di lui allo scivolo. Ha avuto un ritardo del linguaggio che è andato via via colmandosi.
Abbiamo lavorato molto sulle cose pratiche, più che altro seguendo il nostro istinto, anche dopo la diagnosi di autismo, abbiamo usato la musica, prima con la musicoterapia e in seguito con delle vere e proprie lezioni di pianoforte che si è rivelato il suo strumento, perché in breve tempo ha imparato a usarlo benissimo, anche grazie al suo orecchio assoluto. Fare i messaggi l’ha aiutato ad affrontare le persone, ma tutto il lavoro fatto da noi e dagli insegnanti è servito a tirarlo fuori dal buco in cui era che per nostra fortuna non era molto profondo. Adesso mio figlio frequenta le scuole medie con il sostegno, ma con il programma degli altri, va e torna da scuola da solo, parla, anche se persistono alcune difficoltà nel linguaggio, va al cinema con i suoi amici, insomma una vita piuttosto regolare. Non tutte le forme di autismo sono uguali, il suo è certamente un caso ad alto funzionamento ma ce ne sono altri così ed è giusto saperlo, perché quando ad un figlio viene fatta una diagnosi del genere, ci si può gettare nella disperazione, mentre le cose possono evolvere per il meglio.”
Grazie a Sonia, Marzia, Cecilia e Barbara per le loro parole, speciali, che sono forse le più importanti per fare capire davvero cosa significhi la parola AUTISMO.
A cura di Valentina Grilli