Carissima Me. Una nuova commedia con Sophie Marceau

Carissima Me. Una nuova commedia con Sophie Marceau

Carissima Me, prende spunto dal film una psicologa suggerisce come aiutare i nostri figli a sfruttare al meglio le proprie potenzialità

L´11 Marzo 2011 uscirà la nuova commedia con Sophie Marceau dal titolo “Carissima Me”. Nel film l´attrice francese interpreta una donna in carriera che si trova a riflettere sulla sua vita: ha dato ascolto ai propri sogni e alle proprie capacità di bambina? O è diventata una persona diversa da quella che desiderava essere?

Margaret è una donna dedita unicamente alla carriera. Il giorno del suo quarantesimo compleanno riceve alcune lettere scritte da lei stessa a sette anni: “l´età della ragione”. Rileggendole una a una, si immerge in ricordi tenuti nascosti, situazioni dimenticate, primi amori, desideri e progetti. Tutto questo fa vacillare le sue certezze e mette in discussione le sue scelte di vita: forse da adulta è diventata una persona diversa da quello che aveva sognato da bambina.

Carissima Me. Una nuova commedia con Sophie Marceau

 

“Diventa ciò che sei”: è questo il suggerimento pindarico che Margaret, interpretata da Sophie Marceau, riceve da Merignac (Michel Duchaussory), l’anziano notaio del paesino in cui la donna ha trascorso la sua infanzia.

 

Ma per sfruttare al meglio le potenzialità che ognuno di noi ha, è necessario iniziare sin da piccoli un percorso educativo che ci porti ad essere degli adulti realizzati e consapevoli delle proprie capacità. Abbiamo chiesto alla Dott.ssa Patrizia Mattioli, psicologa e psicoterapeuta, dei consigli per aiutare i genitori a riconoscere i talenti dei loro bambini e a potenziare la loro creatività.
La dott.ssa Patrizia Mattioli si occupa delle problematiche all’interno del rapporto genitori-figli e lavora al sostegno della genitorialità. Consulente scolastico nella scuola superiore da più di 15 anni, conosce molto bene le problematiche specifiche dell’adolescenza. Ha fondato l’Associazione Comunicascuola  (www.comunicascuola.it). E’ autrice del libro Itinerario di Psicologia rivolto ai più giovani (www.itinerariodipsicologia.it).

Carissima Me. Una nuova commedia con Sophie Marceau

Come fa un genitore a capire se il suo bambino ha un talento, una predisposizione particolare?
In realtà è bene tenere bene presente che ogni bambino ha un talento, una specificità, un’abilità in cui è unico e originale, che può emergere solo se trova le condizioni ambientali favorevoli.
A volte può capitare che un bambino abbia realmente un talento, una passione, ma preferisce, magari, fare lo stesso sport/attività dell’amichetto o del cuginetto. E’ giusto in questo caso insistere affinché nostro figlio segua quello per cui è più portato?
Gli impegni sportivi e le passioni più serie, non sempre ma spesso iniziano seguendo qualcuno, diciamo che la passione non nasce dal nulla ma si costruisce nel tempo anche attraverso la condivisione con un amichetto, con un genitore, con un bravo insegnante.
Un insegnante capace, empatico, è un elemento fondamentale affinché una predisposizione naturale diventi una vera passione. Se si coglie nel bambino una capacità, mentre ci si rende conto che le sue scelte vanno verso un’altra direzione, si può provare ad insistere per uno sport o un hobby a lui più adatto o, ancora meglio, si può creare un contesto relazionale positivo che riorienti il bambino attraverso appunto la ricerca di un insegnante empatico e la costruzione di rapporti amicali nell’area che si ritiene a lui più idonea.
Molto dipende anche dall’età a cui facciamo riferimento, durante l’infanzia e la fanciullezza, gli aspetti relazionali hanno di gran lunga la meglio sulle preferenze personali ancora in via di definizione.
La scelta di hobby/sport/attività educative sbagliate può realmente incidere sull’equilibrio del bambino?
In genere un’attività sbagliata, che cioè non corrisponde ai gusti e alle predisposizioni del bambino, non ha molta storia: il bambino non si diverte, non si appassiona e non è motivato a proseguire, con conseguenze pari a quelle che possono derivare dall’assaggiare qualcosa: lo prova, non gli piace, non  lo prova più. L’equilibrio non viene pregiudicato anzi, il bambino ha scoperto una cosa nuova su di sé.
Altra cosa è se il bambino è costretto dall’esterno in un’attività che non gli appartiene: questo genere di esperienze possono stimolare sentimenti negativi per esempio di inadeguatezza e incapacità.
Vorrei specificare che non mi riferisco alle volte in cui il bambino viene mandato un po’ controvoglia alle prime lezioni di uno sport per esempio, che ancora non conosce, ma alle situazioni in cui egli manifesta, con intensità e ripetutamente, grande avversione verso qualcosa che ha conosciuto e che non gli è piaciuta.

Carissima Me. Una nuova commedia con Sophie Marceau

Quali sono gli errori che più frequentemente commettono i genitori in questo campo?
Più che di errori parlerei di difficoltà, la difficoltà a cogliere la specificità del proprio figlio. Quello che può accadere è che il genitore faccia riferimento a se stesso, che attribuisca cioè al bambino desideri e predisposizioni che in realtà appartengono a se stesso.
Un papà che ama il calcio può dare per scontato che anche il figlio lo ami e magari non preoccuparsi di verificare se è vero; una mamma pur affettuosa potrebbe non riuscire a riconoscere che sua figlia non è portata per gli studi classici come lei vorrebbe e spingerla in un percorso di studi incompatibile con il talento naturale della ragazza. Sono “errori” che si possono evitare osservando e ascoltando.
Può capitare che nostro figlio si adatti ad un’attività solo perché capisce che così incontrerà i nostri desideri e vuole farci contente? Come fare per capire e correggere questa situazione?
I figli sono attenti da subito agli umori dei genitori e da subito capaci di attivare o disattivare reazioni in loro. Accontentare i propri genitori non è di per sé un elemento negativo, lo diventa quando è l’unico criterio con cui il bambino sceglie, allora le preferenze possono andare a scapito dell’affermazione personale. In generale, osservare i figli, le loro reazioni, i loro lamenti è utile per capire molte cose. Fare un passo indietro e lasciare spazio all’espressione spontanea del figlio per poi sostenerla è in genere  determinante. Per diventare capace di ascoltare se stesso, il bambino deve sperimentare l’ascolto e l’accettazione da parte dei genitori o delle sue figure di riferimento.
I figli non rimangono sempre piccoli, ma crescono, diventano ragazzi (adolescenti!) e può capitare che ci rinfaccino di avergli imposto un’attività oppure, al contrario, di non averli incoraggiati in quello sport per cui loro si sentivano portati. Come affrontare e gestire situazioni del genere?
Gli aspetti legati alle rivendicazioni adolescenziali meriterebbero un capitolo a parte. Spesso i rinfacci dei figli adolescenti sono l’espressione del cambiamento in corso nel rapporto con le figure genitoriali, non necessariamente legati quindi a quanto effettivamente verbalizzato. Il ragazzo ha bisogno di ridimensionare (relativizzare), l’immagine dei genitori ai propri occhi per potersene affrancare e costruire o proseguire il percorso verso l’ autonomia.
Se ci si rende conto che le rivendicazioni hanno comunque un fondo di verità, accoglierle e sostenere le eventuali scelte ancora realizzabili può essere una strada di recupero per i genitori, che devono comunque accettare l’idea di aver fatto qualche errore. L’importante non è non sbagliare ma arrivare a sbagliare il meno possibile e ascoltare quello che i figli hanno da dire può essere di aiuto in questo.