La diagnostica prenatale

Diagnosi-prenatale

Diagnostica prenatale: efficacia e attendibilità degli esami di screening non invasivi

«La diagnostica prenatale abbinata ad un ginecologo di fiducia che segue, passo dopo passo, la gravidanza, garantisce continuità assistenziale nel percorso di una donna: al Poliambulatorio Dalla Rosa Prati, dove si applicano tutti i protocolli sanitari consigliati a livello regionale, sono attive tutte le tecniche di diagnostica prenatale. In particolare vogliamo sottolineare l´importanza di quelle non invasive e dello screening prenatale in quanto in alcuni casi, senza che il feto corra rischi, é possibile gestire e trattare alcun
Lo staff del professor Dandolo Gramellini,specialista in Ginecologia e Ostetricia e in Patologia della Riproduzione Umana nonché responsabile dell’area dedicata alla diagnostica prenatale è composto dal dottor Tommaso Rossi specialista in ginecologia ed ostetricia, operatore accreditato presso la Fetal Medicine Foundation di Londra;  la dottoressa Maria Cristina Pattonieri specialista in Anatomia Patologica e Tecniche di laboratorio; e la dott.ssa Chiara Fecci, Biotecnologa.
Il primo passo è informare le coppie che scelgono il Poliambulatorio Dalla Rosa Prati, quale punto di riferimento assistenziale, dell’esistenza di test mirati per la diagnosi di alcune anomalie fetali: «E’ corretto, sia a fini clinici che per la doverosa attenzione umana verso le pazienti, fornire rassicurazioni e ridurre l’ansia che talvolta si associa alla gravidanza soprattutto quando ci si trova di fronte a coppie che affrontano un rischio elevato per patologie congenite. Il vantaggio di affidarsi ad uno specialista scegliendolo significa poter essere seguiti in tutte le fasi della gravidanza dal proprio ginecologo di fiducia» ha evidenziato il dottor Maurizio Falzoi, direttore sanitario del Poliambulatorio Dalla Rosa Prati.
Ma quando è consigliata la diagnostica prenatale associata, ove necessario, alla consulenza del medico genetista? Lo screening prenatale per la trisomia 21, o sindrome di Down, atto a formulare un rischio paziente-specifico di avere un feto affetto, può essere applicato a qualsiasi paziente che voglia conoscere il proprio rischio di avere concepito un bimbo affetto da sindrome di Down. Al contrario, le tecniche di diagnosi prenatale invasiva, che si effettuano su cellule fetali (amniocentesi-funicolocentesi) o su cellule del trofoblasto (villocentesi), sono rivolte ad identificare i difetti congeniti, a ricercare possibili agenti infettivi o a valutare alcuni parametri ematologici fetali in particolari patologie gestazionali. Ne consegue che le indicazioni per applicare tali tecniche devono essere attentamente indagate e vagliate insieme ai Medici Specialisti più opportuni, dal Ginecologo al Genetista, dal Neonatologo al Microbiologo. Per citare solo  le più frequenti si può ricordare l’età materna dai 35 anni in su, la presenza di un genitore o di un figlio affetti da patologia cromosomica, un sospetto di anomalia strutturale fetale evidenziata all’ecografia o di infezione materna rilevata dagli esami ematologici, la positività di uno screening prenatale, precedenti eventi avversi della gravidanza come un aborto ricorrente o la morte endouterina del feto.
Parliamo di ecografie: è ormai un esame di routine in gravidanza, indispensabile per tenere sotto controllo la salute del bimbo. Eppure, nonostante la sua validità sia riconosciuta da tutti, periodicamente si propone la polemica sulla sua nocività o meno, e sul numero di ecografie necessarie: professor Gramellini qual è il suo punto di vista? L’ecografia ostetrica, cardine basilare della diagnostica prenatale non invasiva, è una tecnica basata sullo stesso principio usato dai sonar delle navi per identificare i sommergibili: la sonda ecografica posta sull’addome materno, invia impulsi ultrasonori che investono il feto e ne vengono parzialmente riflessi, ritornando alla sonda che li ha emessi. Per la maggior parte del tempo, in realtà, la sonda funzione da ricevente più che emittente di ultrasuoni; le onde riflesse sono poi trasformate in immagini leggibili sul monitor dell’ecografo. In oltre 30 anni di pratica clinica, non sono mai stati riportati effetti dannosi né sulla mamma, né sul feto e nemmeno sui nati, anche controllati per lunghi periodi di tempo, dell’ordine di 20 anni. E’ quindi un esame assolutamente innocuo che viene consigliato, dal nostro Sistema Sanitario, in tre diversi periodi della gravidanza: nel corso del I trimestre (con lo scopo di visualizzare il corretto impianto della gravidanza, la sua vitalità, di confermarne la datazione e di eventualmente eseguire la misurazione della Translucenza Nucale), del II trimestre (con lo scopo di determinare il numero dei feti, di datare la gravidanza e, soprattutto, di studiare l’anatomia fetale: questa ecografia è infatti detta “morfologica”) ed infine durante il III trimestre (per valutare la crescita fetale, la quantità di liquido amniotico e l’inserzione placentare). Nel corso degli esami di routine, l’esperienza finora acquisita, suggerisce che sia possibile identificare dal 30 al 70% delle malformazioni fetali maggiori, stressando quindi il concetto che non è possibile diagnosticare tutte la anomalie fetali, in particolare quelle considerate minori. Ovviamente la suddette percentuali, variabili in funzione dei diversi distretti anatomici considerati, possono aumentare laddove eseguite da operatori particolarmente esperti, spesso supportati dai diversi Medici Specialisti nelle discipline relative alle anomalie sospettate (Genetista, Cardiologo Pediatra, Chirurgo Pediatra, Neonatologo…).
Come si indaga il rischio della Sindrome di Down?
Tra l´undicesima e la tredicesima settimana di gestazione viene proposto un esame di screening, quindi non invasivo, noto come Translucenza Nucale. Nel corso di un esame ecografico, si misura lo spessore dell´accumulo sottocutaneo di fluido dietro il collo del feto, rispettando particolari criteri ed applicando specifiche modalità. E’ opportuno che venga abbinato al dosaggio di due analiti ematici materni, di provenienza placentare, il  cosiddetto Bi-Test, che consente di aumentare la probabilità di identificare un feto affetto da Trisomia 21 dal 75-80% della sola Translucenza all’85-90% del Test Combinato. Quest’ultimo consiste nell´analisi incrociata, mediante un sofisticato sistema computerizzato, di tre elementi in gioco -età materna, spessore della Translucenza Nucale e dosaggi degli analiti materni (frazione libera della beta-hCG e Proteina Plasmatica della gravidanza o PAPP-A)- che alla fine consente di ottenere una stima personalizzata, sulla specifica gravidanza, del rischio di Sindrome di Down. In base ai risultati ottenuti, i genitori saranno consigliati sugli eventuali ulteriori approfondimenti diagnostici, nel caso in cui questi siano necessari. La procedura, se pure specifica per il rischio di Trisomia 21, consente di ottenere collateralmente un’analoga informazione anche per la Trisomia 18 e la Trisomia 13.
Alcuni difetti congeniti vengono ereditati con il patrimonio genetico genitoriale.
Altri, invece, sono causati da mutazioni spontanee e sporadiche del Dna.
I difetti genetici, sia ereditari sia sporadici, possono essere ricercati solo se vi sono in famiglia precedenti tali da consigliare uno studio più approfondito.
Per ulteriori approfondimenti é possibile contattare direttamente il Poliambulatorio Dalla Rosa Prati
(Tel. 0521 29.81).