Urlare non serve: ecco come farsi obbedire dai propri figli

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Urlare ai propri figli si può rivelare controproducente, peggiorando i loro comportamenti. Ecco come affrontare in maniera efficace i conflitti con i bambini e non farsi influenzare dalle emozioni negative

Ricorrere a punizioni di tipo fisico o urlare sono inutili per l’educazione del bambino e anzi, alimentano dei comportamenti scorretti. Questo è quanto affermato da molti esperti e dai due autori dello studio pubblicato nel maggio del 2014 sulla rivista Children DevelopmentSarah Kenny e Ming Te Wang. Le urla infatti anziché migliorare il comportamento di bambini e ragazzi tendono a peggiorare ed indurre stati antisociali e depressivi.

Gli effetti negativi delle urla sui figli

Il bambino o l’adolescente sottoposto a rimproveri con urla, strattoni, umiliazioni e sminuimento acquisisce un senso svalutato di sé, sviluppando un’autostima molto bassa che lo farà star male e comprometterà il suo rapporto con i genitori. Spesso, nei genitori, l’eccesso di urla coincide semplicemente con una mancanza di un chiaro progetto educativo. A differenza del passato, il genitore non è più quella autoritaria figura del passato che riusciva a farsi obbedire dai figli fondando il rapporto con la prole sulla paura. Tale modello, fortunatamente, è stato quasi del tutto abbandonato ma rimane il problema di capire cos’è che non funziona nel modello educativo attuale.

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Trovare un modello educativo efficace per i genitori del nuovo millennio

Padri e madri, oggigiorno, sono più indulgenti e non fanno mancare nulla ai propri figli. Nulla di male se non fosse per il fatto che talvolta, l’accondiscendenza nei confronti del figlio e la disponibilità ai limiti del servizievole diviene pretesa. “Faccio tanto per mio figlio eppure lui non lo capisce”: è questa la lamentela di molti genitori. E quando i figli non rispecchiano le aspettative del genitore troppo emotivo e accondiscendente, la frustrazione può sfociare in rabbia e quindi in urla o, in alcuni casi, in punizioni fisiche. L’eccesso di accudimento e protezione accompagnato a tali episodi, quindi, rischia di mandare in totale confusione i figli, che non riescono più a decifrare quali siano i ruoli reciproci. Nei genitori, troppo coinvolti ed emotivi, crea invece dei sentimenti di rancore se i figli continuano a disobbedire.

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L’educazione è una questione di organizzazione e regole

Nel modello educativo ideale, invece, l’aspetto organizzativo dovrebbe prevalere su quello emotivo in modo da costruire un’efficace prospettiva per mantenersi alla “giusta distanza” dai propri figli, offrendo loro la sicurezza di cui necessitano e garantire loro al contempo tutta l’autonomia possibile. L’educazione, a detta degli esperti, non deve essere lasciata al caso. Vanno stabilite delle regole chiare ed evitare l’improvvisazione: è un fatto di organizzazione. Si parla di regole, non comandi. La differenza fra regola e comando, ad esempio, è dire: “A tavola si mangia seduti” piuttosto che “Stai seduto!”. Le regole devono essere impersonali e oggettive e dettare i comportamenti da tenere. Ad esempio l’orario in cui si va dormire, il tempo dedicato per il sonno, l’orario di rientro a casa o come si mangia a tavola.

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Le 4 qualità delle perfette regole educative

Stabilire delle regole non significa “fare la guerra” ai propri figli ma prendere delle decisioni organizzative atte a vivere meglio in famiglia. Ma come dovrebbero essere queste regole per funzionare davvero? Ecco le 4 caratteristiche principali che dovrebbero avere.

  1. Coesione: le regole devono essere stabilite da entrambi i genitori e non devono contraddirsi, altrimenti si rischia di confondere i figli e di perdere credibilità e autorità;
  2. Chiarezza: le regole devono essere semplici e comprensibili per il bambino, oltre ad essere impersonali. Meglio dire quindi “È ora di dormire” invece di “Vai a dormire” o “A tavola si rimane seduti sino a quando tutti non hanno finito di mangiare” in luogo di “Resta seduto!”;
  3. Realismo e adeguatezza: le regole devono essere adeguate all’età ed il bambino deve essere in grado di metterle in atto. Non è realistico, ad esempio, che un bimbo riesca a stare seduto e fermo per molte ore in un ristorante o che possa correre senza sudare, o ancora che possa giocare senza sporcarsi;
  4. Ragionevolezza: dietro ogni regola dovrebbe esserci una motivazione pedagogica ed educativa, dovrebbe essere utile alla crescita del proprio bambino.

Che fare se il bambino non rispetta le regole?

Un’alternativa efficace alle urla e alle punizioni può essere la sanzione educativa. Essa si basa sul presupposto che il bimbo non abbia capito la regola e che necessiti di imparare meglio ciò che non gli è ancora chiaro. Il genitore, pertanto, può offrirgli dei suggerimenti su come superare un problema, parlandogli.

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Il cestino della rabbia

Per gestire al meglio i conflitti e l’emotività infantile, si può adottare un semplice espediente: costruire il cestino della rabbia. Basta un cilindro di latta o una scatola nel quale il bambino, quando si sente arrabbiato, potrà riporvi un disegno o anche gettarvi un semplice foglio appallottolato. Il cestino, gradualmente, diverrà un rituale utile a controllare le emozioni negative del piccolo.

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Il Team di SpazioMamma

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